Venite a visitare le incisioni rupestri! Anche un giorno solo può essere sufficiente. Una settimana vi offre la possibilità di farvi un quadro esaustivo sul fenomeno rupestre e di godere delle bellezze artistiche e paesaggistiche che la Valcamonica possiede.
La Valcamonica - una vallata stretta e con ripidi crinali, popolosa e ricca di industrie – si trova a nord delle città di Bergamo e Brescia (Lombardia). Al suo limite meridionale si estende lo splendido lago d’Iseo, mentre a nord la valle termina con alte montagne che giungono fino alla cima dell’Adamello (3554 metri slm). Le aree con arte rupestre occupano i pendii della media valle a quota più bassa.
Sulle rocce levigate dai ghiacciai della Valcamonica, l’uomo preistorico ha inciso con continuità unica i temi della propria cultura: dai cacciatori dell’epoca post-glaciale, attraverso il Neolitico (in cui si verificò la prima introduzione di pastorizia e agricoltura), fino all’età del Rame e del Bronzo, quando la possibilità di lavorare i metalli e l’instaurarsi di reti di scambio commerciali determinarono una profonda trasformazione culturale, processo culminato nell’età del Ferro, quando la società camuna diede vita alla grande fioritura di un’arte rupestre che svela profondi contatti con le culture che la circondano (retica ed etrusca in particolare). Quando i Romani giunsero in Valcamonica nell'anno 16 a.C. incontrarono una popolazione con una struttura socio-politica ben organizzata e una struttura sociale evoluta.
Ogni parco è in grado di offrire suggestioni e scenari unici per chi voglia addentrarsi nella magia dell’arte rupestre; consigliamo di iniziare la visita dalle grandi aree adiacenti a Capo di Ponte e Nadro di Ceto (Riserva naturale delle incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo). L’itinerario potrà poi comprendere i parchi a nord (Sellero e Sonico) e a sud (Darfo B.T. e altipiano di Ossimo e Borno) che permettono di cogliere l’estensione e la varietà del fenomeno istoriativo nel suo complesso.
Perosnalizza il tuo percorso di visita I parchi con arte rupestre della Valcamonica: guida ai percorsi di visita, Edizioni del Centro, 2010
Il comune di Capo di Ponte ospita ben tre parchi archeologici - Parco Nazionale Incisioni Rupestri di Naquane, Parco Archeologico dei Massi di Cemmo e Parco Archeologico Comunale di Seradina-Bedolina - tutti ben attrezzati e facilmente raggiungibili dal centro paese attraverso percorsi pedonali. Sull'area di Capo di Ponte gravano alcune fra le incisioni rupestri più famose che possono essere visitate nell'arco di un'unica giornata, previa verifica degli orari di apertura dei singoli parchi.
Le incisioni si distribuiscono uniformemente su entrambi i versanti della Valle, caratterizzati da una vegetazione di bassa quota e da affioramenti di arenaria (Verrucano Lombardo) lisciata e sagomata dall'azione dei ghiacciai. Scarica qui una guida essenziale
PARCO NAZIONALE DELLE INCISIONI RUPESTRI DI NAQUANE
Naquane è la località archeologica più famosa della Valcamonica, dichiarata parco nazionale nel 1955 e gestito direttamente dalla Soprintendenza archeologica della Lombardia. Il parco occupa una vasta area collinare attraversata da comodi sentieri ed ospita un piccolo antiquarium che conserva alcuni reperti di scavo, due massi con rare iscrizioni camune di età del Ferro e sei statue menhir di età del Rame provenienti da Borno, Ossimo e Cemmo. Vi si accede in località Le Sante percorrendo il sentiero storico delle Aquane. L’area conta ben 104 rocce istoriate collocabili tra il Neolitico (V-IV millennio a.C.) e l’età del Ferro (I millennio a.C.), con alcuni esempi di incisioni di età romana, medievale e moderna. All’interno di questo parco diventa difficile stilare una classifica delle rocce più significative, segnaliamo tuttavia alcune rocce “imperdibili” per la loro importanza storica e per la loro bellezza artistica: r. 1, 50, 35
PARCO ARCHEOLOGICO DEI MASSI DI CEMMO
I due massi, le prime rocce istoriate segnalate in Valcamonica, si trovano nella piccola conca glaciale del Pian delle Greppe. I recenti scavi archeologici della Soprintendenza archeologica della Lombardia hanno permesso di ricostruire la grandiosa vicenda di un santuario preistorico in uso dall’età del Rame fino alla cristianizzazione della valle.
Gli uomini dell’età del Rame decorarono due imponenti massi staccatisi dalla parete soprastante. La composizione fu completata con il posizionamento di statue stele decorate infitte nel terreno (forse raffigurazioni di antenati o di divinità). Il santuario subì poi numerosi rimaneggiamenti: nell’età del Bronzo fu completato con la costruzione di un muro megalitico semicircolare; nell’età del Ferro l’intera area fu rimaneggiata e alcune stele ridecorate; in età romana fu risistemato il recinto murario e il santuario fu dotato di un piano acciottolato e di nuove stele. Con l’avvento del cristianesimo, che in Valcamonica arriva con grande ritardo collocabile nella tarda età romana/alto medievale, il santuario venne dismesso.
PARCO ARCHEOLOGICO COMUNALE DI SERADINA-BEDOLINA
Appena oltre i Massi di Cemmo, si allarga il Parco Archeologico Comunale di Seradina-Bedolina con le sue incisioni di età del Bronzo e del Ferro. L’area del Parco è caratterizzata da una flora originale, con piante solitamente osservabili in climi più caldi, la copertura arborea è poco pronunciata e si compone di betulle, frassini e rari castagni, con alcuni residui di coltivazioni a vigneto. L’area presenta inoltre alcuni esempi di “marmitte dei giganti”, un fenomeno geologico di origine glaciale.
L’area di Seradina, a quota più bassa, si contraddistingue per la diffusione delle figure umane armate, di capanne e iscrizioni (Seradina II) e di altri soggetti molto particolari come le scene d’aratura (Seradina I – Corno). Nel pianoro sovrastante, in località Bedolina, troviamo la famosa Roccia della Mappa. Le “mappe” o meglio i “mappiformi” sono figure particolarmente complesse, costituite generalmente da un insieme di elementi rettangolari, a volte campiti o riempiti con ordinati allineamenti di coppelle che formano estese geometrie.
Su tutte, dedichiamo una breve descrizione alla r. 12 di Seradina I e alla r. 1 di Bedolina pur consigliando al visitatore di seguire i percorsi turistici consigliati e di “perdersi” in questo bellissimo ambiente naturale che ricorda un mare pietrificato, su cui l’uomo preistorico ha lasciati impressi i suoi messaggi, forse affascinato dalla peculiare bellezza del luogo.
Seradina I, r. 12 – Grande superficie dalle dimensioni inconsuete per l’area, recante una serie di istoriazioni forse a carattere ideologico o mitologico. Una grande scena di caccia al cervo con cavalieri e cani occupa la parte centrale della roccia. I resti archeologici testimoniano come il cervo sia stato un’ambita preda di caccia fin dal lontano mesolitico (riparo S. Stefano a Cividate). Le raffigurazioni di cervo sono frequenti nell’iconografia camuna fin dall’età del Rame ma è interessante notare come il proliferare delle scene di caccia corrisponda all’età del Ferro, quando la pratica venatoria non era più la principale fonte di sostentamento ma una sorta di attività elitaria, praticata più per fini sociali che economici. Infatti la grande scena di caccia al cervo che occupa la parte centrale della roccia suggerisce una progressiva simbolizzazione di questo animale ritratto come la preda preferita di cacce ritualizzate.
Le sei scene di aratura di questa roccia sono riferibili alla ripresa durante l’età del Ferro di un tema iniziatosi nell’arte rupestre già a partire dall’età del Rame. Su questa superficie le scene agricole presentano equidi aggiogati e guidati da un personaggio con zappa, seguiti da scene di accoppiamento. La valenza simbolica dell’insieme rimanda ai riti di fertilità che accomunano la terra e la donna. Gli stessi temi si collegano ai riti della semina-fecondazione (culti agrari), della morte-rinascita (culti funebri dell’aldilà) e della fondazione (arature sacre di fondazione di un abitato). A questi soggetti si aggiungono isolate raffigurazioni che evocano probabili epopee mitologiche, come è il caso di una famosa scena nella quale uno dei personaggi, armato di ascia a lama quadrata, afferra con una mano un grande serpente.
Bedolina r. 1 - Roccia affascinante che esemplifica anche al visitatore meno attento lo stretto legame fra l’arte rupestre e il territorio. Affacciata in posizione panoramica sulla valle, l’insieme è stato da sempre descritto come rappresentazione del territorio. Il tema dei mappiformi sembra nascere nel periodo neolitico, viene ripreso nella decorazione delle statue stele dell’età del Rame per diventare particolarmente complesso nell’età del Bronzo, con insiemi di figure rettangolari o sub-ovali, a volte campite o decorate con ordini di coppelle, unite da linee a formare estese geometrie. L’interpretazione più recente di queste figure non scarta il carattere “topografico” ma lo amplia attribuendo un valore esemplare all’atto incisorio, quasi che il territorio venisse fissato in senso rituale sulla pietra.
Alcune figure sporadiche di armati (parte centrale), la grande rosa camuna nel lato sinistro superiore e le rappresentazioni di capanne nel registro inferiore sono invece riferibili a fasi istoriative successive.
La Riserva natuale incisioni rupestri si estende per circa 300 ettari abbracciando i tre paesi di Nadro di Ceto, Cimbergo e Paspardo. Le rocce incise sono calate in un ambiente naturale di mezza montagna che conserva le tracce dell’intervento dell’uomo nel tempo.
La visita alla Riserva inizia dal Museo di Nadro (che offre i servizi di biglietteria, informazioni, accoglienza, materiali illustrativi, audio guide) e prosegue in uno dei numerosi percorsi di visita con accesso da Nadro di Ceto (per Foppe), da Cimbergo (per Campanine - Figna) e da Paspardo (per Plas - Capitello, In Vall e Sottolaiolo). Gli itinerari di visita consentono, in poche ore o più giorni, di ammirare molteplici aspetti della riserva: arte rupestre, archeologia, etnografia ed ambiente. Scarica qui una guida essenziale. Per approfondimenti vai a www.incisionirupestri.com
Dopo la visita al museo didattico, lasciando il grazioso centro storico di Nadro, un antico viottolo acciottolato conduce all’area archeologica di Foppe: un susseguirsi di superfici fittamente istoriate organizzate in un piacevole percorso ad anello. Le incisioni ritrovate vanno dal V mill. a.C. fino all’alto medioevo; particolarmente importanti le figurazioni dell’età del Bronzo (II mill. a.C. con una ricca tipologia di armi) e i leggiadri guerrieri riferibili alla fase di influenza etrusca (media età del Ferro). All’ingresso dell’area istoriata, su un leggero pianoro, è allestita un’area di sosta dedicata all’attività didattica con una simulazione di scavo archeologico, la ricostruzione di una capanna neolitica e una casa retica di età del Ferro.
Segnaliamo le rocce principali su questo percorso: r. 1, 6, 4, 22-23, 24, 26-27
r.1 - Adiacente al sentiero, la parte istoriata può essere inquadrata in tre fasi cronologiche: il settore basso presenta incisioni di oranti riferibili all’epoca neolitica (IV mill. a.C.); la parte superiore con figure di armati e duellanti è stata incisa nella seconda parte dell’ultimo millennio a.C.; sulla fascia laterale, le croci sono un’aggiunta di epoca storica.
r.6 - Grande superficie montonata istoriata per la quasi totalità in un limitato arco di tempo, dall’800 al 500 a.C., che coincide in buona parte con la cosiddetta “fase di influenza etrusca”. Numerosi i temi iconografici fra cui spiccano le impronte di piedi (circa 200), le a stelle 5 punte e le strutture abitative. Nella parte bassa, una doppia coppia di duellanti, impegnati in una tenzone all’arma bianca e in uno scontro di pugilato, mostra panoplie “speciali” e sembra mimare una danza. La scena è accompagnata da epigrafi in caratteri nord-etruschi e altri simboli.
Il duello è uno dei motivi più ricorrenti durante l’età del Ferro camuna ed è presente in fogge sia schematiche che di estremo dettaglio. I guerrieri si trovano spesso raffigurati in scontri ravvicinati con armi di tipo assai diverso (spade, lance, asce, scudi, elmi). Si tratta probabilmente di duelli a carattere rituale. Il duello nell’antichità italica si caricava spesso di significati socio-religiosi come nel caso del duello giudiziale (lo scontro fra due campioni evitava lo scontro fra due schieramenti) e di gare o giochi organizzati nei cerimoniali funerari per onorare il defunto. Non è escluso che in Valcamonica si tratti di una raffigurazione mitologica o leggendaria di un epico duello fra due antenati, eroi, divinità.
r.4 - Piccola superficie con incisi pugnali, alabarde e cerchi concentrici databile all’età del Bronzo che suggerisce la presenza di un “culto delle armi”, intese come oggetto di prestigio, cariche di significati sociali e rituali, durante il II mill. a.C.
r.22 - 23 - La superficie, molto vasta ed allungata, presenta quattro aree di istoriazione: un insieme tardo-neolitico nella parte superiore con scene di danze forse rituali, la costolatura destra e centrale con incisa una ricca tipologia di armi dell’antica età del Bronzo ed una composizione tardo-calcolitica con scene di aratura e pugnali.
r.24 – Non può sfuggire su questa superficie la scenografica rappresentazione del “villaggio”- a monte della passerella - e dei guerrieri danzanti attorno alla rosa camuna, in basso. La grande concentrazione di capanne, inframmezzata da impronte di piede e da iscrizioni, occupa un’estesa superficie e accoglie oltre trenta strutture apparentemente attribuibili a diverse fasi dell’età del Ferro. A valle della passerella dominano invece le figure umane, fra cui spiccano senza dubbio i due “danzanti” armati con elmi circolari raggiati, spade e piccoli scudi, disposti intorno a una rosa camuna. Un personaggio con elmo circolare e lunga veste realizzato poco distante danza forse anch’esso di fronte ad un eccezionale suonatore di flauto. Poco visibili e frammiste alle figure picchiettate si possono scorgere numerose sagome finemente graffite, numerose iscrizioni e due coltelli del tipo Introbio-Lovere realizzati a grandezza naturale e collocabili con certezza nelle fasi tarde dell’arte rupestre camuna (II sec. a.C. – I sec. d.C.). Nell’ampia porzione a valle, dove le incisioni sono molto più rarefatte, si può infine notare una splendida scena con cervi in corsa inseguiti da un cane.
r.26-27 - Questo complesso roccioso è una delle massime concentrazioni d’arte rupestre dell’area ed è fra le rocce incise più grandi dell’intera Valcamonica. La porzione più occidentale, a ridosso della passerella, è interessata da numerose figure della media e tarda età del Ferro, fra cui molti armati e personaggi in duello, canidi, cervidi, il cosiddetto “tempio di Nadro” (una complessa raffigurazione di costruzione con numerosi simboli annessi), cerchi concentrici, palette, impronte di piede e altri segni geometrici. Fra le varie peculiarità della superficie spicca la figura del grande cavallo con cavaliere e scudiero detta ironicamente “il don Chisciotte”, che testimonia la straordinaria importanza attribuita alla cavalcatura durante l’età del Ferro. La parte più orientale della superficie si caratterizza invece per l’abbondanza delle asce a lama quadrangolare (VII-V sec. a.C.), tema non frequentissimo a Foppe di Nadro e invece comune nella soprastante area di Campanine.
Campanine è una vasta area centrale alla Riserva caratterizzata da gradoni naturali con alte pareti rocciose, alternati a pianori in cui si sono organizzati nei millenni, piccoli villaggi con recinti (area di Figna) ora abbandonati. Le ricerche archeologiche, da poco concluse, hanno individuato più di 100 rocce istoriate di cui solo una dozzina organizzate nel percorso di visita turistico.
L’area iniziò ad essere istoriata durante l’età tardo-neolitica (fine IV mill. a.C.), fu momentaneamente abbandonata durante i secoli successivi (pochissime le incisioni del II mill. a.C.) ed il suo riutilizzo riprese nell’ultimo millennio a.C.; vi è stata inoltre individuata una ricchissima e finora unica concentrazione di istoriazioni di età storica, eseguite dalla fine dell’epoca romana fino alla piena età moderna.
La rocca di Cimbergo (XII-XIII sec.) incombe sul sentiero che conduce all’area archeologica di Campanine, il sentiero di accesso, segnalato con pannellonistica introduttiva, si trova sulla strada provinciale che porta a Cimbergo. Fra le rocce visitabili segnaliamo: r.1, 5-6-7, 8
r.1 - Grande superficie rocciosa, leggermente discosta dal sentiero principale, a monte dell’edicola delle Campanine (edicola). Si caratterizza per una rara figura di labirinto di tipo “cretese”, con sette volute e percorso unico dall’esterno verso il centro. Il labirinto, simbolo abbastanza raro nell’arte rupestre camuna potrebbe evocare un percorso complesso che trasforma chi lo compie ed essere quindi legato ai riti di passaggio (nascita, pubertà, matrimonio, morte). Il labirinto è associato ad asce a lama quadrata e ad una figura mostruosa di uccello cornuto e itifallico di probabile valenza mitologica. Intorno a questa scena centrale si possono scorgere capanne, altri guerrieri e impronte di piede.
r.5-6-7 - Questo consistente nucleo istoriato, adiacente al sentiero appare come un unico affioramento che raccoglie senza soluzione di continuità le rocce 5, 6 e 7. Il complesso figurativo testimonia la grande rifrequentazione di quest’area fra la fine del Medioevo e l’inizio dell’era Moderna e pone la fase storica (per lo meno di quest’area) in una luce completamente nuova.
La r. 5 è caratterizzata dalla compresenza di figure preistoriche e storiche in sovrapposizione: nella parte superiore si leggono abbastanza chiaramente figure di capanne, una scena di caccia al cervo (molto rara a Campanine), un labirinto graffito e numerosi guerrieri, riferibili all’età del Ferro; il settore centrale ed inferiore sono difficilmente leggibili per le numerose sovrapposizioni, tuttavia si distinguono scritte in caratteri nord-etruschi e latini. Fra queste vi è lo JOVIS, traducibile in dedicato, rivolto a Giove. Si aggiungono più recenti croci cristiane. Particolarmente importante, nel settore destro, una figura umana che regge tre chiavi, per anni interpretata come S.Pietro. Ricerche più recenti la mettono in relazione alla sfera laica e in modo particolare alle vicende della vicina rocca di Cimbergo.
Sulla successiva R. 6 si notano subito le molte croci e due eccezionali date (1319 e 1330) in numeri latini. Il vero insieme figurato è però composto dalle moltissime sottili figure graffite, fra cui numerosi patiboli (in un caso con condannato appeso a testa in giù e legato per un piede solo), i nodi di Salomone, le iscrizioni, gli scaliformi, i pentacoli, le balestre, alcuni grandi segni araldici (aquile coronate simbolo della potente casata camuna dei Federici), le coppie di dadi da gioco (metafora della passione di Cristo?), un prelato inginocchiato con mitria sul capo, una figura umana con la falce (la Morte?) e altri segni schematici di difficile identificazione.
Anche l’adiacente r. 7 ospita un pannello di età storica (XIII-XIV sec.) con oltre quaranta raffigurazioni di chiave, croci e altri simboli di carattere cristiano. La chiave è stata recentemente messa in relazione alla volontà di ribadire simbolicamente una forma di potere civile ed è forse da intendersi in abbinamento alle numerose figure di edifici (castelli, torri, fortificazioni) osservabili sulle rocce dell’area. Ricerche recenti ipotizzano che la grande figura ovoidale che chiude la sequenza delle chiavi possa essere interpretata come la visione planare della rocca di Cimbergo.
La parte sommitale della roccia mostra invece numerose figure preistoriche fra cui gli oranti di probabile matrice neolitica, alcune capanne, guerrieri e asce a lama quadrangolare dell’Antica e Media età del Ferro. Su di una porzione di superficie a sé stante è visibile una fra le più grandi raffigurazioni di capanna (oltre 1 m. di altezza) di tutta l’arte rupestre camuna.
r.8 - A circa 50 m dietro una cascina visibile dal sentiero, si trova questa piccola roccia con due schematiche scene di aratura con bucrani. La scena agricola è forse collocabile, per gli apparenti tratti di arcaicità e la struttura dell’aratro, fra la fine del periodo neolitico e l’inizio dell’età del Rame.
A causa della sua considerevole estensione, l’area archeologica di Paspardo è suddivisa in sottoaree collocate tutte in un suggestivo ambiente montano, in buona parte integro, ciascuna caratterizzata da stili esecutivi e da soggetti unici non riscontrabili in altre zone. Segnaliamo le rocce principali: In Vall r.4 - Capitello dei Due Pini - Sottolaiolo - Vite/Deria - ‘al de Plaha
Capitello dei Due Pini – il sentiero di accesso si imbocca a nord appena fuori dall’abitato. Il Capitello dei due Pini rappresenta uno dei rari esempi composizione di età del Rame nel perimetro della Riserva, le incisioni, finemente cesellate si dispongono in modo ordinato a formare una composizione dai forti tratti simbolici: nella parte superiore la famosa composizione detta dei Cinque Pugnali, con gli oggetti-simbolo di questa fase disposti secondo una successione ricorrente (corna-sole, pugnali, linee parallele); nella parte inferiore, asce fogliate con animali e pendagli, composizione di cerchi concentrici con linee parallele, a destra antropomorfi a bastoncino.
Sottolaiolo - all’imbocco della strada per la Deria si incontra questa piccola area istoriata con sei rocce incise riferibili per lo più all’età del Ferro: sulla r.1 si alternano figure di guerrieri, asce e coppelle; a destra “rose camune”; la r.2 è una piccola piattaforma con figure di guerrieri e “palette” tutte realizzate nell’ultimo millennio a.C.; la r. 4 è in posizione panoramica e domina della Valle, vi sono incise figure di duellanti, palette ed altri simboli tutti attribuibili all’età del Ferro. QUESTO PERCORSO È INFRASTRUTTURATO PER LA VISITA AI DISABILI MOTORI E VISIVI.
Vite/Deria - ‘al de Plaha - Proseguendo lungo la strada della Deria, è segnalata l’area di visita detta ‘al de Plaha. In questo settore, sono state ritrovate importanti composizioni topografiche ed insiemi attribuibili alla tarda età neolitica ed antica età del Bronzo. L’area è tutt’ora in fase di studio.
Le aree archeologiche di Luine e dei Corni Freschi ricadono nel Parco di interesse sovracomunale del Lago Moro, una vasta area verde nei territori di Darfo Boario Terme e Angolo Terme. Scarica qui una guida essenziale
L’area archeologica di Luine occupa le colline di Luine - Crape - Simoni, in posizione dominante rispetto all’abitato di Darfo B.T. Oltre alle numerose incisioni rupestri, gli studi e gli scavi archeologici nell’area hanno messo in evidenza resti di probabili luoghi di culto, fondi di capanna e strutture in muratura a secco, che costituiscono forse una sorta di “santuario” usato da una o più comunità preistoriche, che qui si riunivano per svolgere cerimonie collettive.
Il patrimonio rupestre è di primaria importanza, sugli affioramenti di pietra Simona, dal caratteristico colore viola, si contano più di 100 pannelli istoriati. Qui si possono vedere le più antiche incisioni rupestri del ciclo camuno, risalenti al periodo mesolitico, forse eseguite da cacciatori seminomadi che hanno utilizzato la valle come territorio di caccia sul finire delle grandi glaciazioni. Successivamente la zona fu abbandonata per diventare nuovamente luogo di culto e incisione verso la fine del Neolitico e soprattutto nell’età del Bronzo e del Ferro.
L’area di Luine ha messo a dura prova i ricercatori per la difficile leggibilità di alcune superfici, il periodo migliore per la visita va dal tardo autunno all’inizio della primavera quando il sole rimane basso sull’orizzonte creando un effetto di luce radente che evidenzia le incisioni.
La visita parte dalla cascina all’ingresso del parco che ospita un punto di accoglienza turistica da cui dipanano i diversi percorsi di visita. Le rocce principali sono dotate di pannellonistica esplicativa e tutti i percorsi sono ben segnalati e mantenuti, consigliamo quindi al visitatore di farsi guidare solo dalla sua curiosità e di muoversi nel parco condotto dal suo spirito di scoperta. Segnaliamo tuttavia alcune rocce “imperdibili” per la loro importanza storica e per la loro bellezza artistica: r. 34, 57, 6
r. 34 - è una enorme superficie inclinata, con la sua mole domina completamente il margine meridionale della collina di Luine (percorso rosso). Le incisioni che la ricoprono quasi completamente permettono di abbracciare l’intero ciclo artistico camuno in un unico sguardo: dalla grande sagoma di animale databile a circa 10.000 anni fa, ai guerrieri di età del Ferro del I mill. a.C.
Nelle limpide giornate invernali, la vista dal basso di questa roccia emoziona e toglie il respiro! Quasi tutto il repertorio camuno si concentra su questa che è una delle rocce più belle della Valcamonica.
Nella parte alta si leggono le grandi sagome di guerrieri a corpo quadrato (alte quasi un metro) della fine dell’età del Ferro, più sotto dei grandi reticoli affiancati da figure di duellanti più piccole. Si leggono chiaramente figure più enigmatiche di meandri e labirinti, mentre un mammellone sporgente ospita una composizione di armi di età del Bronzo.
r. 57 - il percorso verde conduce a questa superficie ampia ed inclinata, quasi completamente coperta da rettangoli con decorazioni interne a linee parallele. Questi segni, che in mancanza di una descrizione migliore vennero chiamati “scutiformi”, sono molto comuni a Luine e quasi assenti nelle altre aree rupestri. Secondo Emmanuel Anati potrebbero essere un eco su roccia affiorante del grande fenomeno delle statue stele di età del Rame (III millennio a.C.). La roccia presenta anche numerose raffigurazioni di ascia (nella porzione laterale sinistra e destra), alcune delle quali disposte attorno a composizioni di “facce-oculi” dall’aspetto vagamente umano.
r. 6 – questa roccia, dall’andamento quasi orizzontale, ha la considerevole superficie di 50 mq ed è fittamente ricoperta di incisioni. Si tratta di una superficie unica che reca la maggior parte delle incisioni ascritte alla prima fase istoriativa del ciclo camuno, databili a circa 10.000 anni fa.
Il processo di deglaciazione della Valcamonica sembra concludersi fra i 15.000 e i 10.000 anni fa. La steppa creatasi nella prima fase di disgelo lasciò spazio a boschi di pini e betulle. In questo nuovo ambiente, una fauna di alci, cervi, capridi ed altri mammiferi ripopolò i versanti montani che divennero un buon territorio di caccia per bande di cacciatori seminomadi. Questa prima fase del popolamento della valle è poco documentata, forse a questi antichi abitanti si debbono le sagome di grandi erbivori realizzate in uno stile naturalistico ed elegante, incise su questa roccia.
Oltre alla misteriosa fase antica, durante l’età dei metalli, su questa roccia si sono andate stratificando moltissime altre incisioni: armi, rettangoli con decorazioni interne, iscrizioni in alfabeto camuno, cerchi semplici, con raggi interni o con coppella centrale.
Sempre in comune di Darfo B.T., nei pressi della frazione di Montecchio, è stato riportato alla luce un sito dei Corni Freschi, un luogo di culto attribuibile alla fine dell’età del Rame (fine III millennio a.C.). L’area archeologica gravita attorno ad un grande masso istoriato inciso con due composizioni di armi. La prima, nella parte superiore, mostra nove alabarde distribuite in due gruppi contrapposti fra loro. Le alabarde possono essere considerate armi da parata o di rappresentanza e sono attribuibili alla fine del III millennio a.C. Il secondo insieme comprende quindici pugnali (in due gruppi, rispettivamente di 6 e 9, che si fronteggiano) a lama sub-triangolare e pomo ovale, anch’essi attribuibili alla fine dell’età del Rame e alla fase di transizione con l’età del Bronzo.
Chiamata anche l’Altopiano del Sole, l’area di Malegno-Ossimo-Borno è una delle aree archeologiche più ricche e studiate della Valcamonica: dai grandi allineamenti megalitici e centri cerimoniali dell’età del Rame ai ritrovamenti di epoca romana.
Sull’altopiano del Sole, l’arte rupestre dell’età del Rame ci offre un repertorio artistico di grandissimo pregio per la raffinata tecnica di esecuzione, la varietà iconografica e l’estrema cura nella pianificazione degli spazi. Le composizioni camune non presentano lo spiccato antropomorfismo che caratterizza sia l’area trentina che la maggior parte delle stele europee pur riproponendo un analogo simbolismo che sembra da un lato rimandare ad un mondo maschile (asce, pugnali, alabarde) e dall’altro ad un universo femminile (indicazione dei seni, gioielli e “collari”).
Immerso in una bella pineta, nei pressi delle località Creelù (Ossimo Superiore), il Parco archeologico di Asinino-Anvòia è dotato di spazi espositivi, didattici e di servizi. In questa struttura è collocato il plastico ricostruttivo di un’area cerimoniale di età del Rame (III mill. a.C.).
Gli uomini dell’età del Rame deputarono al culto luoghi precisi - creste rocciose, convalli o bordi di piccoli pianori - erigendo allineamenti di grandi pietre, spesso non reperite in loco ma portate da considerevole distanza, decorate con incisioni. Il complesso di Anvòia non pare essere stato usato oltre il III millennio a.C. Il sito si trova su una cresta rocciosa rivolta a nord-est. Oltre alla presenza delle pietre incise, per la prima volta indagate nel loro originale contesto di utilizzo, sono stati notati alcuni elementi peculiari, quali l’utilizzo di piattaforme di pietrame (cairn) per l’accensione di grandi fuochi e la deposizione di offerte accanto alle stele (sostanze vegetali, piccoli contenitori ceramici). Durante gli scavi sono anche emerse chiare tracce di materiale colorante che molto probabilmente veniva utilizzato per dipingere i monumenti.
Nell’area dei fuochi (cairn) sono stati individuati frammenti di ossa umane parzialmente combuste, probabile traccia di cerimonie di deposizione secondaria. Questo importante aspetto convalida l’ipotesi che i grandi monoliti siano da mettere in relazione ad una forma di culto degli antenati, sorta di icone sacre in pietra che confermano e perpetuano il legame fra il territorio e la comunità.
r. 2-3 - Imponente massa rocciosa fortemente modellata dall’azione del ghiacciaio, con i suoi 1100 mq di superficie offre ben oltre 700 raffigurazioni incise: è la Roccia Grande di Carpene, risultato del congiungimento di due superfici rocciose. La sua istoriazione ha forse inizio nel tardo IV - inizio III millennio a.C. con una grande composizione geometrica (rettangoli, cerchi e linee) interpretata negli anni ’60 da Emmanuel Anati come “idolo femminile” e oggi riletta come “composizione topografica”. Nella media e tarda età del Ferro (VI-I sec. a.C.). La superficie è caratterizzata dall’unicità di alcuni soggetti e dall’incidenza di un “gigantismo” dimensionale: una monumentale figura umana con ascia e cestello (?), nota come “il Viandante” e interpretata come possibile raffigurazione del dio celtico Esus (III-I sec. a.C.); un grande guerriero armato di spada a lama curva e scudo concavo circondato da armati più piccoli; una rosa camuna a svastica geometricamente perfetta.